Ricordo perfettamente il giorno in cui ho iniziato a mettere lo smalto sulle unghie dei piedi. E il perché.
Ero appena tornata dal mio viaggio in Nepal. Là avevo visto un sacco di ragazze con sandali Birkenstok, infradito, fratini, con unghie dipinte coi colori più disparati: rosso fuoco, blu, arancione. Coup de foudre!
Anche se ora può sembrare strano, all'epoca (parlo della fine degli anni '90), le unghie smaltate dei piedi non erano di moda. Le madame si pittavano i piedi, ma tra le gggiovani non era assolutamente un trend.
Ricordo, infatti, che, tornata in quel di Cherasco, mi misi uno smalto rosso fiammante e mia cugina, senza troppi giri di parole, e adottando un francesismo di nicchia, mi disse che "facevo cagare".
Fatto sta che, da quell'epoca, credo di essere stata rarissimamente senza smalto ai piedi. Prima di andare in ospedale per partorire mia figlia, avevo scelto con cura lo smalto. Rouge Noir di Chanel. Tradotto in italiano con il più ruspante "sangue di piccione". Il mio favorito. Poi è andata come è andata, e dopo il parto, più che notare il sangue di piccione sui piedi, le persone che venivano in visita notavano il PICCIONE, cioè la neo mamma dal collo e caviglie di dimensioni spropositate.
In un'altra occasione, prima di un incontro romantico, mi accorsi che lo smalto dei piedi era sbeccato, qua e là. Corsi ai ripari, pittandomi in fretta e furia le 10 unghie. E, di fretta, misi le calze autoreggenti d'ordinanza. Il risultato fu che, al momento topico, le calze rimasero attaccate allo smalto del pollicione, e non ne volevano sapere di sfilarsi. Il top della situazione sexy, alla 9 settimane e mezzo, insomma.
Nonostante ciò, i miei piedi senza unghie laccate è raro vederli. Al naturale mi sembrano scoperti, fragili, un po' sfigati. Piedi di serie B.
Ho ovviamente trasmesso la routine della pedicure a mia figlia. Il momento in cui prende il cestino degli smalti e sceglie la nuance che più la aggrada, ha per lei, qualcosa di mistico!
E voi, siete da unghie pittate dei piedi, sì o no?
giovedì 21 luglio 2011
mercoledì 20 luglio 2011
martedì 19 luglio 2011
Artisti che amo: Klimt
"Nessun settore della vita è tanto esiguo e insignificante da non offrire spazio alle aspirazioni artistiche", 1908
mercoledì 13 luglio 2011
La citazione letteraria: Jane Austen
Jane Austen (1775 – 1817)
"Mai un prorompere di sentimenti, mai un'accorata indignazione o una gioia sincera, per il male ed il bene degli altri. Questo, per Anne, era decisamente un difetto. Non avrebbe mai superato le sue prime impressioni. Ella stimava più di ogni altro un carattere franco, generoso e vivace. L'entusiasmo e la generosità l'affascinavano sempre. Ella sentiva di potersi fidare di coloro che, a volte, assumono atteggiamenti o dicono cose incaute o precipitose, a maggior ragione e molto di più che non di coloro che sono sempre padroni di sé e che non si lasciano mai sfuggire una parola di troppo." - Persuasione, 1816
"Mai un prorompere di sentimenti, mai un'accorata indignazione o una gioia sincera, per il male ed il bene degli altri. Questo, per Anne, era decisamente un difetto. Non avrebbe mai superato le sue prime impressioni. Ella stimava più di ogni altro un carattere franco, generoso e vivace. L'entusiasmo e la generosità l'affascinavano sempre. Ella sentiva di potersi fidare di coloro che, a volte, assumono atteggiamenti o dicono cose incaute o precipitose, a maggior ragione e molto di più che non di coloro che sono sempre padroni di sé e che non si lasciano mai sfuggire una parola di troppo." - Persuasione, 1816
lunedì 11 luglio 2011
sabato 9 luglio 2011
venerdì 8 luglio 2011
Rivoluzione o marketing astuto? Le Belle vere di Vogue Italia
La cover di Vogue Italia del mese di giugno, è dedicata alle "Belle vere". Così vengono definite le giovani donne burrose, seducenti e sicure di sé ritratte dal grandioso fotografo Steven Meisel.
Intorno a quest'iniziativa tanto parlare. I più, trovano la scelta di Franca Sozzani, direttrice della rivista, coraggiosa, anticonformista, di denuncia. Qualcuno una mera scelta di marketing arguto.
Personalmente sono dubbiosa. Il servizio è meraviglioso, niente da dire. E le donne sono belle.
Penso però ai servizi di moda e costume presenti in Vogue, indirizzati fino a ieri a donne dalla silhouette secca secca e spigolosa e mi domando se questo vuole essere realmente un cambio di rotta. Anche per l'immaginario collettivo, che associa in modo naturale, il mondo del fashion system a figure femminili snelle, alte e toniche.
Queste le parole di Franca Sozzani:
«Con questa copertina abbiamo voluto dare un altro segnale forte della nostra attenzione nei confronti di tutte quelle donne - e sono tantissime - che intendono la bellezza come qualcosa di molto più articolato e genuino rispetto a una mera questione di taglie». E aggiunge: «Sono sempre di più le lettrici che, anche sulle rivista di moda, vogliono veder rappresentato il mondo reale, fatto di persone non ossessionate dalla propria magrezza ma capaci di accettare e rispettare il proprio corpo per come è nella sua naturalezza».....che ve ne pare?
giovedì 7 luglio 2011
Machu Picchu: 100 anni per Bingham. 15 anni per me.
1oo anni fa, nel mese di Luglio, veniva scoperta la città Inca di Machu Picchu.
Luogo sacro per i Peruviani (e non solo), fitto di misteri ancora non risolti e patrimonio mondiale dell'Unesco.
Prima che fosse eletto una delle sette meraviglie del mondo nel 2007, io lo visitai.Era il 1996, avevo 21 anni, ero al terzo anno di università, e quel viaggio in Sud America fu il primo VERO viaggio della mia vita.
Le foto, di pessimissima qualità perché già in partenza scadenti e in più passate allo scanner poi, ritraggono me e Federica (mia cugina/sorella) durante la nostra visita.
Nella prima foto io e Fede sul treno da Cuzco ad Aguas Calientes. Quasi 4 ore di viaggio su un trenino che neanche nel libro Cuore te lo puoi immaginare tanto era basic e scalcagnato. Io ricordo benissimo le folate di aria gelida entrare dai finestrini e arrivarmi dritte dritte alla schiena (nonostante i due maglioni di lana, rigorosamente peruviani).
Nella seconda foto è ritratto il Machu Picchu dall'alto dell'Huayna Picchu, la montagna di fronte al sito la cui vetta si raggiunge in un'oretta circa di ardua e faticosa arrampicata. La cosa incredibile è che io l'ho scalata la montagna mentre Federica che negli ultimi anni frequenta arrampicatori e montagnini (per merito o colpa del suo sposo) aveva desistito, aspettandoci alla base in compagnia di due Lama sputacchianti. Tralascerei la descrizione della mia scalata fantozziana, ma voglio ricordare il ragazzo ipersportivo e gentile gentile che, impietosito dai miei occhi disperati post sforzo e dal fiatone con risucchio, mi offrì una banana che aveva nello zainetto per ridarmi un po' di forze. Quella banana, consumata là, sul cucuzzolo, con il Machu Picchu davanti è senza dubbio la banana più buona che io abbia mai mangiato in tutta la mia vita.
Nella terza foto io e Fede tocchiamo la pietra che si dice dia energia al corpo ed alla mente perché posizionata in un luogo strategico della zona archeologica. Non ricordo una particolare energia dopo lo strusciamento,e credo che le nostre espressioni facciali improbabili ne diano testimonianza.
Segue una foto che ritrae due meravigliose bambine di Cuzco.
Il giorno in cui visitammo Machu Picchu pioveva, di una pioggerellina sottile sottile. Alcuni Peruviani là presenti ci dissero che era un peccato. Perché era col sole che la montagna segreta dava il meglio di sé. Da allora sogno di tornarci e di trovare il sole. Per ora mi accontento di pensare a quel Luglio di 100 anni fa e all'emozione infinita che un americano un po' strampalato deve aver provato di fronte a tanta MERAVIGLIA.
Luogo sacro per i Peruviani (e non solo), fitto di misteri ancora non risolti e patrimonio mondiale dell'Unesco.
Prima che fosse eletto una delle sette meraviglie del mondo nel 2007, io lo visitai.Era il 1996, avevo 21 anni, ero al terzo anno di università, e quel viaggio in Sud America fu il primo VERO viaggio della mia vita.
Le foto, di pessimissima qualità perché già in partenza scadenti e in più passate allo scanner poi, ritraggono me e Federica (mia cugina/sorella) durante la nostra visita.
Nella prima foto io e Fede sul treno da Cuzco ad Aguas Calientes. Quasi 4 ore di viaggio su un trenino che neanche nel libro Cuore te lo puoi immaginare tanto era basic e scalcagnato. Io ricordo benissimo le folate di aria gelida entrare dai finestrini e arrivarmi dritte dritte alla schiena (nonostante i due maglioni di lana, rigorosamente peruviani).
Nella seconda foto è ritratto il Machu Picchu dall'alto dell'Huayna Picchu, la montagna di fronte al sito la cui vetta si raggiunge in un'oretta circa di ardua e faticosa arrampicata. La cosa incredibile è che io l'ho scalata la montagna mentre Federica che negli ultimi anni frequenta arrampicatori e montagnini (per merito o colpa del suo sposo) aveva desistito, aspettandoci alla base in compagnia di due Lama sputacchianti. Tralascerei la descrizione della mia scalata fantozziana, ma voglio ricordare il ragazzo ipersportivo e gentile gentile che, impietosito dai miei occhi disperati post sforzo e dal fiatone con risucchio, mi offrì una banana che aveva nello zainetto per ridarmi un po' di forze. Quella banana, consumata là, sul cucuzzolo, con il Machu Picchu davanti è senza dubbio la banana più buona che io abbia mai mangiato in tutta la mia vita.
Nella terza foto io e Fede tocchiamo la pietra che si dice dia energia al corpo ed alla mente perché posizionata in un luogo strategico della zona archeologica. Non ricordo una particolare energia dopo lo strusciamento,e credo che le nostre espressioni facciali improbabili ne diano testimonianza.
Segue una foto che ritrae due meravigliose bambine di Cuzco.
Il giorno in cui visitammo Machu Picchu pioveva, di una pioggerellina sottile sottile. Alcuni Peruviani là presenti ci dissero che era un peccato. Perché era col sole che la montagna segreta dava il meglio di sé. Da allora sogno di tornarci e di trovare il sole. Per ora mi accontento di pensare a quel Luglio di 100 anni fa e all'emozione infinita che un americano un po' strampalato deve aver provato di fronte a tanta MERAVIGLIA.

Dalle Superga a Lapo, come se nulla fosse
Il mio post di ieri ha suscitato un dibattito sullo stile presunto o tale di Lapo Elkann. Ora, non ho idea di come si sia arrivati dalle scarpe di tela a parlare dei look di Lapo, fatto sta che sento la necessità impellente di sottoporre ad alcuni amici sostenitori dello "Stile Lapo", alcuni suoi esempi di outfit.
1) Cappello invernale adagiato sulla cucuzza, occhiale avvolgente montatura da sole con lenti trasparenti-fumé, giacca da caccia alla volpe con revers da smoking.
2) Giacca di cotone leggera su pantalone della tuta felpato, cuffia di lana, occhiale fumé sui toni del bluette e scarpe a metà tra un modello classico inglese e Hogan.
3) La seguente immagine si commenta da sé.
Ragazzi, con una manina sul cuore, vi sentite di dire che le immagini appena viste raffigurano un uomo di stile?E se nell'involucro, al posto di Lapo ci fosse un Giovanni Pautasso qualunque, la fashion allure comunicata sarabbe la medesima?
Meditate gente, meditate....
mercoledì 6 luglio 2011
Superga sì. Superga no.
Da qualche mese sono tornate alla ribalta della scena modaiola le Superga. Le Superga bianche, in modo particolare.
Nonostante sia attenta ai trend e quasi sempre riesca ad apprezzare ritorni di stile, di colori e di fashion status symbol dei decenni passati, a 'sto giro non sono convinta. Per niente convinta.
Dai 14 ai 15 anni le Superga erano le mie calzature di ordinanza. Ne avevo un paio bianco, uno beige, uno blu scuro, uno verde militare, fino al raggiungimento dell'azzardo cromatico con quelle rosa salmone.
Avevo le Superga, perché il "gruppo" aveva le Superga. Non avevi scelta. Senza Superga no pomiciate sulla panchina del parco giochi. Senza Superga nessuna gita in treno domenicale a Finale Ligure con scottatura annessa. Senza Superga nessun cerchio con amico chitarra dotato a cantare le bionde trecce, gli occhi azzurri e poi.
Non mi ponevo proprio il quesito sulla qualità estetica o su come donassero alle mie caviglie e polpacci. Dovevo averle. O dentro o fuori.
Ora, sono passati più di 20 anni. Ed ecco Alexa Chung, strafichissima fashionista ed it girl pubblicizzare le Superga. La simpaticisssimisssima e sempre sorridente moglie di Tom Cruise non le molla più per i suoi faticossissimi giri shopping, et voilà. Mai più senza.
Ora, se le Superga nascono come scarpa da utilizzare sui campi da tennis un motivo ci sarà. E va bene che sono Made in Italy e che il Made in Italy va valorizzato, ma proprio non risco a vederle un accessorio fashion.
A dirla tutta poi, a meno che tu non abbia l'altezza della Chung o la caviglia fine della Holmes, queste scarpettine di tela, non è proprio che aiutino il nostro appeal (che nel 99% dei casi di un aiutino ha sempre bisogno).
Quindi, io dico no al ritorno delle Superga. Con buona pace delle mie 150 paia di scarpe che non dovranno fare spazio a nuove e prepotenti arrivate.
martedì 5 luglio 2011
L'eleganza del riccio (da un vecchio blog)
Sono riccia. E me ne vanto.
Non è sempre stato così però. Intorno ai quattro anni, ho iniziato a pensare che riccio fosse sinonimo di brutto e diverso. E certo non aiutava mia nonno Cichin che ogni volta che mi vedeva mi diceva che ero nata coi capelli storti. un farfuiot coi capelli storti. e che invece le mie cuginette erano coi capelli dritti e ordinati, loro.
Le Barbie erano tutte bionde e lisce, liscissime. Le principesse delle fiabe? Mai vista una riccia. Da Biancaneve, a Cenerentola, alla bella addormentata nel bosco...tutte maledettamente lisce come la seta. Ricordo ancora il giubilo di quando la Befana dell'83 mi ha recapitato la Barbie di colore. Una montagna di capelli ricci e crespi....evvai!!!Peccato che poi nei miei giochi con l'amica del cuore Paoletta, la suddetta Barbie faceva sempre la parte della sfigata senza uno straccio di principe consorte. proprio perché riccia e crespa. e addio al giubilo.
C'è stata poi una fase in cui tornata a casa da scuola (conservavo un residuo di dignità) indossavo la parrucca di carnevale da Sioux. Nera, a caschetto e liscissima. Passavo interi pomeriggi girovagando per casa con quei capelli posticci addosso, sotto lo sguardo interrogativo di mia nonna. Ricordo ancora l'imbarazzo di un giorno in cui una mia compagna di classe era venuta a fare i compiti a casa mia e io andai ad accoglierla alla porta con ancora la parrucca addosso.....
Ho una serie di foto dai 7 ai 9 anni più o meno, con delle improbabili pettinature liscie, risultato del lavoro certosino con spazzola e phon di mia madre. sembravo un paggetto di corte. ma a me piaceva. ero liscia.
La consapevolezza che "riccio è bello" è arrivata intorno ai 15 anni, con l'età dei primi amori. Tra l'altro, tutti i miei amori, escluso uno, sono stati dei ricci. Qualcosa vorrà pur dire no? Riccio chiama riccio? Mah. fatto sta che non riesco a contemplare l'idea di un uomo vicino a me, con i capelli lisci. Non mi vedo ad accarezzare una testa dove la mano scivola invece di rimanere incastrata dentro un groviglio di capelli.
Mia figlia è riccia, ca va sans dire. Ed è appena entrata nel periodo in cui riccio non è buono, non è bello, non va bene. Da grande, dice, vorrà fare la sposa LISCIA. proprio così.
Come mia madre con me, anche io passo le mezz'ore dopo il bagnetto di Emma, tentando di lisciarle la chioma. ed il risultato è anche per lei paggetto di corte. ma a lei piace da morire. si piazza davanti allo specchio con lo sguardo colmo di soddisfazione. e va bene così. per ora.
Avrà tutto il tempo per cambiare idea e capire che riccio è bello. riccio è simpatico. riccio è massa distinta che ti distingue dalla massa indistinta. riccio è sinonimo di un approccio alle cose della vita forse un pò scomposto, ma con il suo perché.
Non è sempre stato così però. Intorno ai quattro anni, ho iniziato a pensare che riccio fosse sinonimo di brutto e diverso. E certo non aiutava mia nonno Cichin che ogni volta che mi vedeva mi diceva che ero nata coi capelli storti. un farfuiot coi capelli storti. e che invece le mie cuginette erano coi capelli dritti e ordinati, loro.
Le Barbie erano tutte bionde e lisce, liscissime. Le principesse delle fiabe? Mai vista una riccia. Da Biancaneve, a Cenerentola, alla bella addormentata nel bosco...tutte maledettamente lisce come la seta. Ricordo ancora il giubilo di quando la Befana dell'83 mi ha recapitato la Barbie di colore. Una montagna di capelli ricci e crespi....evvai!!!Peccato che poi nei miei giochi con l'amica del cuore Paoletta, la suddetta Barbie faceva sempre la parte della sfigata senza uno straccio di principe consorte. proprio perché riccia e crespa. e addio al giubilo.
C'è stata poi una fase in cui tornata a casa da scuola (conservavo un residuo di dignità) indossavo la parrucca di carnevale da Sioux. Nera, a caschetto e liscissima. Passavo interi pomeriggi girovagando per casa con quei capelli posticci addosso, sotto lo sguardo interrogativo di mia nonna. Ricordo ancora l'imbarazzo di un giorno in cui una mia compagna di classe era venuta a fare i compiti a casa mia e io andai ad accoglierla alla porta con ancora la parrucca addosso.....
Ho una serie di foto dai 7 ai 9 anni più o meno, con delle improbabili pettinature liscie, risultato del lavoro certosino con spazzola e phon di mia madre. sembravo un paggetto di corte. ma a me piaceva. ero liscia.
La consapevolezza che "riccio è bello" è arrivata intorno ai 15 anni, con l'età dei primi amori. Tra l'altro, tutti i miei amori, escluso uno, sono stati dei ricci. Qualcosa vorrà pur dire no? Riccio chiama riccio? Mah. fatto sta che non riesco a contemplare l'idea di un uomo vicino a me, con i capelli lisci. Non mi vedo ad accarezzare una testa dove la mano scivola invece di rimanere incastrata dentro un groviglio di capelli.
Mia figlia è riccia, ca va sans dire. Ed è appena entrata nel periodo in cui riccio non è buono, non è bello, non va bene. Da grande, dice, vorrà fare la sposa LISCIA. proprio così.
Come mia madre con me, anche io passo le mezz'ore dopo il bagnetto di Emma, tentando di lisciarle la chioma. ed il risultato è anche per lei paggetto di corte. ma a lei piace da morire. si piazza davanti allo specchio con lo sguardo colmo di soddisfazione. e va bene così. per ora.
Avrà tutto il tempo per cambiare idea e capire che riccio è bello. riccio è simpatico. riccio è massa distinta che ti distingue dalla massa indistinta. riccio è sinonimo di un approccio alle cose della vita forse un pò scomposto, ma con il suo perché.
lunedì 4 luglio 2011
I would like to see what happens...
James Douglas Morrison (8 dicembre 1943 - 3 luglio 1971)
Jim Morrison è morto, o almeno così si dice, 4 anni prima che io nascessi.
Jim Morrison è stato il mio primo, sanguigno e totale innamoramento da fan.
Avevo appena abbandonato la passione per Steve dei Bee Hive quand'ecco comparire nel mio mondo Jim. Fu un colpo di fulmine. Dannato, eccessivo e sexy da impazzire.
In una vacanza estiva a Pietra Ligure, avevo 15 anni, mi feci comprare dalla signora Franca, alias mia madre, il mega poster in bianco e nero con Jim a torso nudo. Litigammo dentro al negozio perché lei non sapeva pronunciare in modo corretto il nome. Diceva Morriscion. Non lo potevo tollerare.
A 16 anni andai in gita a Parigi. Mentre il resto della mia classe rubava ai magazzini La Fayette, io chiesi il permesso di andare al cimitero Père Lachaise. Accompagnata da Olivia, comprai un fiore rosso da lasciare sulla tomba di Jim. Ero emozionata e mi sentivo tanto, tanto figa alternativa.
Comprai tutti i libri possibili: la biografia di Jim Morrison, i testi dei Doors, tutte le poesie del Re Lucertola. E sottolineavo e sottolineavo...e riportavo le frasi sulla Smemoranda, sullo zainetto Invicta e sul muro della mia camera. Per la gioia del Signor Tosco, alias mio padre, che come un disco rotto, mi ha ripetuto per anni (fino a quando il poster di Jim ha campeggiato sulla testiera del mio letto): "Chel lì a lé 'n drugà...ma...s'at pias...."
Quando uscì il film di Stone rimasi delusa. Ero così fissata che una minima sbavatura per rendere più cinematografico il tutto, mi indignava. In ogni caso comprai il vhs. E lo vidi, credo, almeno una cinquantina di volte.
Passata la fase alternativ-squatter-finta sfattona, staccai il poster di Jim. Ma non lo buttai. E' ancora arrotolato nell'armadio della mia cameretta di ragazza. E' passato indenne a tutti i repulisti degli ultimi 20 anni. E lì rimarrà ancora per molto. Potrà sempre tornare utile se tra una decina di anni mia figlia vorrà un poster di Jim da attaccare al muro. La sua mamma non solo sarà fiera di darle in eredità il suo, ma saprà pronunciare perfettamente il cognome dello Sciamano.
Jim Morrison è morto, o almeno così si dice, 4 anni prima che io nascessi.
Jim Morrison è stato il mio primo, sanguigno e totale innamoramento da fan.
Avevo appena abbandonato la passione per Steve dei Bee Hive quand'ecco comparire nel mio mondo Jim. Fu un colpo di fulmine. Dannato, eccessivo e sexy da impazzire.
In una vacanza estiva a Pietra Ligure, avevo 15 anni, mi feci comprare dalla signora Franca, alias mia madre, il mega poster in bianco e nero con Jim a torso nudo. Litigammo dentro al negozio perché lei non sapeva pronunciare in modo corretto il nome. Diceva Morriscion. Non lo potevo tollerare.
A 16 anni andai in gita a Parigi. Mentre il resto della mia classe rubava ai magazzini La Fayette, io chiesi il permesso di andare al cimitero Père Lachaise. Accompagnata da Olivia, comprai un fiore rosso da lasciare sulla tomba di Jim. Ero emozionata e mi sentivo tanto, tanto figa alternativa.
Comprai tutti i libri possibili: la biografia di Jim Morrison, i testi dei Doors, tutte le poesie del Re Lucertola. E sottolineavo e sottolineavo...e riportavo le frasi sulla Smemoranda, sullo zainetto Invicta e sul muro della mia camera. Per la gioia del Signor Tosco, alias mio padre, che come un disco rotto, mi ha ripetuto per anni (fino a quando il poster di Jim ha campeggiato sulla testiera del mio letto): "Chel lì a lé 'n drugà...ma...s'at pias...."
Quando uscì il film di Stone rimasi delusa. Ero così fissata che una minima sbavatura per rendere più cinematografico il tutto, mi indignava. In ogni caso comprai il vhs. E lo vidi, credo, almeno una cinquantina di volte.
Passata la fase alternativ-squatter-finta sfattona, staccai il poster di Jim. Ma non lo buttai. E' ancora arrotolato nell'armadio della mia cameretta di ragazza. E' passato indenne a tutti i repulisti degli ultimi 20 anni. E lì rimarrà ancora per molto. Potrà sempre tornare utile se tra una decina di anni mia figlia vorrà un poster di Jim da attaccare al muro. La sua mamma non solo sarà fiera di darle in eredità il suo, ma saprà pronunciare perfettamente il cognome dello Sciamano.
Iscriviti a:
Post (Atom)